Un Resoconto Della Prima Lezione Di Scuola Di Cultura Politica A Cesena (di Giuseppe Fabbri)
Deviare più di trenta persone da un magnifico pomeriggio al mare alla partecipazione ad una lezione di scuola di cultura politica, più che un’impresa appare un miracolo, ma è quanto accaduto sabato pomeriggio 7 giugno a Cesena, presso i locali di Borgo Etico in via Cavalcavia 90, dove il “docente” Davide Fabbri, ormai vero “zelig” della politica cesenate, ha erudito i discenti sui rudimenti delle istituzioni comunali e relativo funzionamento. Inevitabilmente la “lezione” deviava di continuo su ricordi e riferimenti alla esperienza quasi ventennale di Fabbri nel Consiglio comunale di Cesena, ma proprio questo carattere di concretezza ha attivato interesse e partecipazione. La lezione è durata tre ore e mezza.
Sedere in Consiglio comunale è un duro mestiere retribuito solo ai componenti della Giunta comunale, che non sono, e non possono essere, Consiglieri comunali. Solo il sindaco è, al tempo stesso, consigliere (e vota le sue delibere), e dominus del governo del Comune, cioè capo della Giunta. L’altra carica retribuita è quella del Presidente del Consiglio comunale, che, come noto, Vittorio Valletta, unico eletto del Movimento “Cesena Sì Amo Noi”, ha rivendicato alle minoranze ottenendo un prevedibile diniego dal bi-sindaco Paolo Lucchi. Racconta Fabbri che a Cesena c’è stato un precedente nella figura di Giorgio Andreucci, all’epoca del sindaco Edoardo Preger (1992-99), ma i tempi erano altri. Se allora si trattò di una atto di calcolo politico dell’allora primo cittadino, per il Partito Democratico del terzo millennio l’assegnazione della carica di Presidente del Consiglio comunale di Cesena è quasi esclusivamente una faccenda di “posti di lavoro”. Il designato alla carica e all’indennità per i prossimi cinque anni sarà un portaborse del deputato locale del PD, che così cederà la poltrona ad un altro del suo partito eletto in Consiglio comunale. La questione investe drammaticamente la piaga nazionale della disoccupazione giovanile.
Il Presidente del Consiglio comunale deve essere assolutamente neutrale.
Per gli altri consiglieri, racconta Fabbri, tanto di minoranza quanto maggioranza, “ci sono i gettoni di presenza ed io che partecipavo attivamente a tutto, Consigli comunali, Commissioni consiliari, Commissione elettorale, sono arrivato ad accumulare ben 3.000 euro lorde in un anno, che mi produceva un’aumento dell’aliquota…”
Si sa che politica fa un po’ rima con masochismo.
Ma, d’altra parte, se il consigliere di maggioranza vota, spesso bovinamente quanto sindaco e Giunta gli impongono (le insubordinazioni sono rare e per lo più espresse da “un’improvvisa urgenza di recarsi in bagno”), a chi sta in minoranza tocca una perenne trincea, pena l’insignificanza come accaduto ai pentastellati cesenati nei cinque anni alle spalle. In Consiglio comunale il consigliere di minoranza deve usare senza risparmio tutti gli strumenti elencati nel Regolamento per il funzionamento del Consiglio comunale: il “diritto di iniziativa”, le mozioni, gli ordini del giorno e le risoluzioni, l’interrogazione, l’interpellanza e gli emendamenti (anche per fini ostruzionistici). Gli spetta poi di intervenire a ragion veduta, acquisendo conoscenza dell’argomento in votazione. A questo scopo l’impegno si estende necessariamente nelle Commissioni consiliari, che a Cesena sono quattro: bilancio e società partecipate, urbanistica-ambiente ed edilizia, cultura e pubblica istruzione, welfare e sanità. A Cesena il rappresentante di ciascun gruppo in ciascuna Commissione può essere accompagnato da tre figure di “esperti” con funzioni di supporto tecnico. Nel senso che non possono fare valutazioni politiche ed avanzare rilievi di tenore politico, ma questo significa anche che il capitale umano di “Cesena Sì Amo Noi” avrà un’amplia palestra ove cimentarsi.
Come anticipato, nell’Ente comunale il sindaco è capo. Facilmente, però, come nel caso di Paolo Lucchi, il suo potere dilaga nella sfera del partito. Per dire: la festa è appena finita che già, confida Fabbri agli assetati “allievi”, “s’alzano malumori perché il partito è fagocitato dal governo cittadino”. E’, detto in altri termini, il rischio legato alla “elezione diretta del sindaco”, che dispone di una maggioranza assoluta legata al 60% dei seggi attribuiti alla sua coalizione. Il sistema elettorale comunale contiene infatti forti ingredienti di presidenzialismo. Basti sottolineare che il primo cittadino decade anticipatamente solo in seguito ad un voto di sfiducia, richiesto con motivazione da 2/5 dei consiglieri: sfiduciato il sindaco, si torna al voto. Il sindaco ha un potere assoluto sugli Assessori, anche se, racconta Fabbri, una delle ragioni, per cui le riunioni di Giunta non sono né pubbliche né verbalizzate, è forse che talvolta in quella sede “volano gli stracci”. Di Assessori a cui viene ritirata la delega è comunque piena la storia della legge del 25 marzo 1993, n. 81.
Ma l’Ente comunale contiene anche uno spiccato ingrediente parlamentare: i consiglieri sono legati, prioritariamente e tutti, al mandato elettorale, anche se, come detto, diventano poi condizionati dal dominio del sindaco. L’istituzione dovrebbe inoltre esprimere la sua intrinseca democraticità, oltre che attraverso l’azione di controllo da parte delle minoranze, anche per via del “sacro” principio della trasparenza. I Consiglieri comunali hanno diritto assoluto e illimitato di accesso a tutti e indistintamente agli atti tanto del Consiglio e della Giunta, quanto di tutti gli atti in possesso del Comune: quelli di Consiglio e Giunta, ma anche le determine dirigenziali, spesso criptici pozzi di nefandezze. Potrebbe mettere gli occhi pure nelle scartoffie delle società partecipate (Hera, Romagna Acque e Start Romagna in primis). Condizionale d’obbligo: al consigliere che chiede sono spesso opposti ritardi, rifiuti immotivati o il semplice silenzio.
Ed anche dovrebbe essere forte la componente partecipativa: in senso biunivoco. L’accesso agli atti il più friendly possibile. Il singolo cittadino organizzato, invece, può far pervenire al Consiglio comunale una petizione. Il Consiglio comunale la deve porre all’ordine del giorno previa approvazione da parte della Conferenza dei Capigruppo (50%). Barriere antirumore, traffico, raccolta differenziata dei rifiuti: il cittadino organizzato, inascoltato presso gli uffici comunali, il Consiglio di Quartiere, l’Assessore, può adire questa via. Seguono i referendum consultivo o abrogativo, strade difficili a causa del tempo limitato consentito alla raccolta delle firme (5% e 8% degli iscritti nelle liste elettorali): 80 giorni. “Dovrebbero essere di più” secondo Fabbri. “Le firme a Cesena le puoi raccogliere davvero solo nei giorni di mercato”.
Giuseppe Fabbri