di Tiziana Lugaresi.
Partecipare come cittadini ai lavori della Commissione Consiliare indetta per un approfondimento sul tanto atteso atto aziendale del Direttore Generale dell’ASL Romagna non può che far provare un senso di smarrimento e di amarezza.
E’ chiaro che qualcosa di importante sta avvenendo, qualcosa che non coinvolge la popolazione ed il cui dibattito è confinato nelle sedi istituzionali. Un’istanza nata nelle sedi del potere regionale, come scelta politica, ammantata da motivazioni tecnico-organizzative e/o pseudo sanitarie, su cui dovrebbero convergere (sono già convertiti) gli amministratori locali e parti sociali sulla base di un documento fumoso, infarcito di buoni principi e di ambiziose dichiarazioni di intenti, ma del tutto astratte e poco credibili.
Ma le critiche non mancano. Anche nel piccolo ambito della Commissione Consiliare qualche voce si è levata per chiedere spiegazioni rispetto all’illustrazione fatta dall’Assessore Benedetti, che con la sua abilità da vera professionista della politica, capace di far intendere il tutto ma anche il contrario di tutto, in realtà non ha chiarito niente. E quanta malcelata irritazione da parte sua nel dover ripetere “per la ventesima volta” gli stessi principi ad un uditorio che evidentemente stenta a far propri certi concetti “basilari” come quello del modello reticolare in alternativa al modello Hube and Spok, fino qui adottato (alzi la mano chi ne era al corrente e soprattutto chi lo ha voluto, visto che ha creato tanti danni), ma anche delle Case della salute (che nessuno sa cosa siano realmente), come pure quello delle Piattaforme logistico-funzionali-assistenziali, che vorrebbero essere il superamento dei reparti. E se anche fosse, perchè mai, per realizzare i cambiamenti necessari per meglio rispondere ai bisogni dei cittadini, bisogna per forza passare attraverso una mastodontica operazione di conglobamento tre le USL, che fa pensare più che altro alle logiche che sottendono alle fusioni bancarie o agli accorpamenti di impresa?
Ma è qui che l’Assessore Benedetti insiste: c’è un concetto innovativo alla base di tutto, quello della centralità del Cittadino. Orbene posso affermare con certezza che tale concetto è vecchio di trent’anni, in quanto risale alla nascita della prima riforma sanitaria: principio fin da allora declamato e subito disatteso. Fu proprio la riconversione delle USL in Aziende Sanitarie a far fallire ogni speranza di una maggiore personalizzazione ed insieme universalità degli interventi rivolti agli utenti e ad avviare la creazione di questi organismi verticistici e fortemente gerarchizzati, lontani mille miglia dai problemi della gente, che tutti conosciamo. E se non si è riusciti a realizzare la centralità del cittadino-utente all’interno di realtà di piccole o medie dimensioni, come si pensa di potere raggiungere tale obiettivo, in un organismo così complesso e tentacolare, che a tutt’oggi non è riuscito nemmeno a far dialogare tra loro le diverse ASL, nonostante la sfornata di nomine di nuovi coordinatori.
Ma i nostri decisori è come se stessero nelle loro torri d’avorio: cosa sanno di come vivono i cittadini? Del loro rapporto con la sanità, fatto di lunghe code per una visita dal medico di base, di file al CUP, di lunghe attese ai laboratori di analisi, di liste di attese per gli esami, di attese per un intervento chirurgico, di peregrinazioni da una struttura all’altra, di rimpallo tra gli operatori, di assistenza estenuante prestata ai loro malati in ospedale, per vederli finire, quando, a tempo di record non vengono dimessi, nelle tristissime lungodegenze. A meno che non si abbiano le risorse economiche per la sanità privata, che allora cambia tutto perchè si possono scegliere i migliori specialisti, a tempi più che rapidi, così da allungare, nelle strutture pubbliche, ancor di più le attese di chi non può pagare. Alla faccia del principio dell’equità.
Niente di tutto questo nelle comunicazioni dell’Assessore Benedetti, seppure le cui deleghe facciano riferimento alla dimensione più delicata della vita delle persone: non compare la sofferenza, il dolore, l’infinita solitudine dell’ammalato disperso nei meandri di una sanità che non sa accogliere ed accompagnare, e verso la quale sempre di più, a torto o a ragione, i cittadini si scatenano a suon di denunce. Eppure a ciascuno di noi che, per vicende personali o familiari importanti, ha toccato con mano i problemi della nostra sanità e ne ha pagato le conseguenze, sicuramente è anche capitato di incontrare medici, infermieri, operatori preparati e di grandissima umanità. Costretti spesso ad operare in condizioni difficili, basti pensare al Pronto Soccorso del Bufalini, (per chi ne ha fatto esperienza, un vero e proprio girone d’inferno), eppure in grado di stabilire quel contatto umano e professionale che ci fa credere, nei momenti più drammatici della nostra vita, che gli angeli esistano. A loro va data la nostra riconoscenza ed il sostegno del loro operato nella difficile fase che si sta delineando.